Come capita quasi ogni volta, o per distrazione dei media o perché accade altro di grave nel mondo, l'opinione pubblica sembra disinteressarsi di come procedano le cose in seguito a eventi drammatici, calamità naturali, tragedie lontane, che quando accadono sono spesso l'unico tema che riempie media e talk show. Poi come sempre restano le macerie e le vittime. Oggi parlo di due esempi: Haiti e il Corno d'Africa.
Sono passati quasi 2 anni da quando un terremoto ha distrutto l'isola caraibica di Haiti. Quasi 300 mila persone sono morte per effetto diretto della catastrofe o a seguito delle epidemie di colera e di altre cause indirette. La Croce Rossa valuta che vivano ancora nei campi profughi circa 700.000 persone del milione e mezzo che furono costrette a lasciare le proprie abitazioni. Una esistenza, quella nelle tendopoli, caratterizzata da condizioni igieniche e sanitari assolutamente precarie e fatiscenti e che, tra l’altro, favorisce la diffusione di malattie e di vere e proprie epidemie. Un circolo vizioso, quindi, che sono un vera ricostruzione potrebbe rompere una volta e per tutte. Oggi vorrei aggiornare la situazione attraverso un articolo (della fine di settembre) da parte di Caritas Italiana e del network di organizzazioni AGIRE.
Come ci segnala la Caritas, la guerra in Libia, le rivolte a Damasco, la crisi economia e finanziaria in Europa e negli Stati Uniti hanno distratto l’attenzione della comunità internazionale e del nostro paese
La situazione in queste due parti del mondo (purtroppo due fra le tante) è drammatica, facciamo in modo che l'opinione pubblica, noi per primi, pur al centro di una situazione sociale ed economica difficile, non si dimentichi di milioni di persone che vivono nell'inferno.
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