«Non cercare di diventare un uomo di successo, ma piuttosto un uomo di valore.» A. Einstein

lunedì 28 novembre 2011

Il Clima del nostro pianeta: deve interessare tutti! Io vi suggerisco un libro

Si apre oggi in Sud Africa a Durban, la conferenza Onu sul clima, viene presentata come "l'ultima occasione per salvare il clima". Dopo i sostanziali fallimenti delle conferenze di Copenaghen (2009) e Cancun (2010), da oggi e fino al 9 dicembre si cercherà di trovare una soluzione per evitare che il pianeta vada verso la catastrofiche.
Anche in questa occasione molti dei protagonisti della battaglia climatica non hanno gettato la spugna.


In occasione di questo evento faccio pubblicità ad un libro che ho appena finito di leggere "Prepariamoci" di Luca Mercalli*

Mai tante crisi tutte insieme: clima, ambiente, energia, risorse naturali, cibo, rifiuti, economia. Eppure la minaccia della catastrofe non fa paura a nessuno. Come fare? Ci vuole una nuova intelligenza collettiva. Stop a dibattiti tra politici disinformati o in conflitto d’interessi. Se aspettiamo loro sarà troppo tardi, se ci arrangiamo da soli sarà troppo poco, ma se lavoriamo insieme possiamo davvero cambiare.L’autore racconta il suo percorso verso la resilienza, ovvero la capacità di affrontare serenamente un futuro più incerto, e indica il PROGRAMMA POLITICO che voterebbe. Il cambiamento deve partire dalle nostre case (più coibentate), dalle nostre abitudini, più sane ed economiche (dal consumo d’acqua, ai trasporti, dai rifiuti alle energie rinnovabili, dall’orto all’impegno civile). Oggi non possiamo più aspettarci soluzioni miracolistiche: meglio dunque tenere il cervello sempre acceso, le luci solo quando servono.

*Luca Mercalli, torinese, presiede la Società meteorologica italiana e dirige la rivista “Nimbus”. Ospite fisso della trasmissione Rai3 “Che tempo che fa”, cura per “La Stampa” la rubrica di meteorologia e clima. Vive e lavora in Val di Susa, in una piccola casa con orto, alimentata da energia solare. 
Ci racconta il suo libro e le sue idee, in questo video

venerdì 25 novembre 2011

Il racconto del giorno del Ringraziamento da parte di un italo-americano

Nicola, un amico medico che sta lavorando come ricercatore alla Duke University in North Carolina, mi ha scritto per raccontarmi brevemente il Thanksgiving Day (giorno del ringraziamento) che viene celebrato in USA ogni quarto giovedì di Novembre.

Il primo Thanksgiving Day in un quadro del '800
Anche questa'anno si è celebrata la festa del ringraziamento in America .
La giornata del rigraziamento è un momento molto sentito dagli statunitensi.
Viene festeggiata in famiglia e non di rado vengono invitati a partecipare al banchetto anche i non parenti.
Al pranzo non manca mai nel menu il tacchino pietanza simbolo della celebrazione.
La festa, segno di gratitudine religiosa per la prosperità della stagione del raccolto risale al 1623 quando i coloni inglesi condivisero il banchetto con i nativi di america.
Al di là della valenza storico-religiosa che segnalava un forte ottimismo per un avvenire ricco nel nuovo continente rimane la partecipazione tutta emotiva del popolo statunitense che si stringe intorno al povero tacchino per trovare un po' di caldo tepore familiare ed un po' di buonismo all'occidentale.
In un paese il cui cuore batte all'insegna dell pluralità politica religiosa ideologica e nel quale convivono laceranti contraddizioni la festa del ringraziamento mette tutti d'accordo... per un solo giorno.
Io sono stato invitato a casa di mia amica.
A fine banchetto in preda a quella sgradevole sensazione di pienezza di stomaco mi ha confessato: era pollo.

NDS

lunedì 21 novembre 2011

Emergenze nel mondo: Corno d'Africa e Haiti. Per non dimenticare


Come capita quasi ogni volta, o per distrazione dei media o perché accade altro di grave nel mondo, l'opinione pubblica sembra disinteressarsi di come procedano le cose in seguito a eventi drammatici, calamità naturali, tragedie lontane, che quando accadono sono spesso l'unico tema che riempie media e talk show. Poi come sempre restano le macerie e le vittime. Oggi parlo di due esempi: Haiti e il Corno d'Africa.



Sono passati quasi 2 anni da quando un terremoto ha distrutto l'isola caraibica di Haiti. Quasi 300 mila persone sono morte per effetto diretto della catastrofe o a seguito delle epidemie di colera e di altre cause indirette. La Croce Rossa valuta che vivano ancora nei campi profughi circa 700.000 persone del milione e mezzo che furono costrette a lasciare le proprie abitazioni. Una esistenza, quella nelle tendopoli, caratterizzata da condizioni igieniche e sanitari assolutamente precarie e fatiscenti e che, tra l’altro, favorisce la diffusione di malattie e di vere e proprie epidemie. Un circolo vizioso, quindi, che sono un vera ricostruzione potrebbe rompere una volta e per tutte. Oggi vorrei aggiornare la situazione attraverso un articolo (della fine di settembre) da parte di Caritas Italiana e del network di organizzazioni AGIRE


Africa Orientale. L’Etiopia, la Somalia e il Kenya sono oggi colpiti dalla peggiore siccità registrata negli ultimi 60 anni: una crisi che riguarda 12.4 milioni di persone. Anche su questa tragedia AGIRE ci racconta cosa le varie organizzazioni stiano portando avanti e come si possa contribuire. 
Come ci segnala la Caritas, la guerra in Libia, le rivolte a Damasco, la crisi economia e finanziaria in Europa e negli Stati Uniti hanno distratto l’attenzione della comunità internazionale e del nostro paese

La situazione in queste due parti del mondo (purtroppo due fra le tante) è drammatica, facciamo in modo che l'opinione pubblica, noi per primi, pur al centro di una situazione sociale ed economica difficile, non si dimentichi di milioni di persone che vivono nell'inferno.


giovedì 17 novembre 2011

Debito, responsabilità e Governo dei tecnici

Il nuovo Governo di Mario Monti nasce per l'emergenza sui mercati finanziari, che hanno velocizzato la crisi strisciante che da mesi viveva il Governo Berlusconi. Proprio la paralisi decisionale del governo precedente avrebbe reso inevitabile il default del nostro Paese. l'Italia sarà più credibile anche nel richiedere aiuti e collaborazioni esterne (BCE, FMI, UE) se darà l'impressione di voler mettere a posto i conti, senza scaricare sulla Banca centrale o su altri paesi i costi della crisi.
IL DEBITO DEL NOSTRO PAESE
L’aumento dello spread, cioè la differenza tra i rendimenti dei titoli di stato italiani a dieci anni e quelli tedeschi ha raggiunto la scorsa settimana i 575 punti base, vale a dire il 5,75%. Il problema è che l’Italia ha un debito molto elevato, intorno ai 1.900 miliardi di euro, pari a circa il 120 per cento del Pil. E un aumento dello spread, ossia dei tassi interesse non è una buona cosa. A volte sembra che il debito ci sia piovuto addosso, come il carbone il giorno della Befana. Questo debito è stato invece contratto dai Governi che si sono susseguiti negli anni per finanziare gli investimenti, ma anche spese risultate improduttive. Nessuno ha obbligato i governi precedenti a mandare in pensione gli statali dopo sedici anni di lavoro oppure a pagare i vitalizi ai parlamentari dopo una legislatura o a spendere decine di miliardi di lire per autostrade mai finite come la Salerno–Reggio Calabria. Quel debito ora deve essere rifinanziato. Quindi i primi responsabili di tale situazione siamo NOI ITALIANI. Nel 2012, l’Italia avrà bisogno di prendere a prestito più di 400 miliardi di euro. Ma non si fa credito a un soggetto già molto indebitato senza porgli delle condizioni. Una famiglia indebitata deve o aumentare le entrate o ridurre le spese oppure vendere una parte del suo patrimonio. Prima di prendercela con la speculazione, il sistema finanziario, gli altri Governi... forse è meglio fare un po' di autocritica.
LE DECISIONI NON PRESE e il GOVERNO DEI TECNICI
La crisi esplosa lo scorso agosto richiedeva che il governo Berlusconi facesse qualcosa: aumentare le entrate (ad esempio reintroducendo l’Ici) oppure ridurre la spesa pubblica (toccando la spesa previdenziale) e anche vendere pezzi del patrimonio (privatizzare Eni, Enel, Finmeccanica, Rai). Ma il governo non voleva o non poteva fare niente per veti interni o per non rimangiarsi promesse fatte solo per prendere voti.
Con questa mancanza di capacità di valutare (il Governo ha negato la crisi per un sacco di tempo) e prendere decisioni, il default, con tutte le conseguenze disastrose per le famiglie e le imprese italiane, sarebbe stato inevitabile. È da questo stallo che nasce il governo dei tecnici, cioè un esecutivo che non ha il problema di prendere decisioni impopolari per paura di perdere le elezioni. Il presidente Monti aveva chiesto esplicitamente ai partiti di entrare nel governo, ma un accordo non è stato trovato. In altre parole, il governo Monti riempie un vuoto lasciato colpevolmente dalla politica. E il successo del nuovo governo dipenderà, non dimentichiamolo, dalla volontà dei partiti di votare in Parlamento i provvedimenti che il governo varerà.
Sono indispensabili scelte forti e strutturali, sulla crescita, il lavoro, le pensioni, il fisco, l'evasione fiscale, l'efficienza della macchina pubblica e della giustizia. Il tutto tenendo in considerazione che è indispensabile che la politica ritrovi autorevolezza, attraverso la riduzione degli sprechi e del numero dei parlamentari e la cancellazione di molti dei privilegi a volte incredibili. Il governo Monti, legittimato democraticamente dal voto del parlamento, dovrà dimostrare la sua credibilità nel portare avanti le riforme economiche, fiscali e strutturali e ha il potenziale per rimanere in carica fino alle elezioni del 2013. 

venerdì 11 novembre 2011

Economia italiana, troppe parole in libertà su spread, interessi e debito

Un bel post su NoiseFromAmerika ci fa ragionare sui termini finanziari/economici in voga in questi giorni. Come ci spiega l'autore Aldo Lanfranconi, da quando la parola spread è divenuta di uso corrente su radio e televisione, girano su giornali e tv almeno tre bufale che oltre a disinformarci alla fine possono anche farci del male. Soprattutto quando uno sente in pericolo i propri risparmi e la propria sicurezza.

Spesso numeri dati in libertà possono anche contribuire ad influenzare i mercati e alla fine rendere un cattivo servizio a tutti gli italiani svalutandone subito i risparmi e nel futuro aumentando la probabilità di default del paese. 

Sono d'accordo con l'autore: "Mandare a casa il pessimo governo attuale è cosa buona, giusta e doverosa. Molti dei nostri problemi sono addebitabili alla sua incapacità e inerzia del passato e, se possibile, sono amplificati dalla sua non credibilità e dall'incapacità di difendere il poco di buono che possiamo vantare." E' però indispensabile evitare la diffusione di dati e parametri economici errati e fuorvianti e soprattutto ancora peggiori dei reali: l'opposizione politica e sociale al Governo Berlusconi e soprattutto i mezzi di comunicazione non devono assolutamente cavalcare dati solo per un mero calcolo elettorale o di parte.

I numeri e le informazioni devono essere trasparenti soprattutto in questa fase tempestosa della finanza e della politica italiana, occorre saper informare bene gli italiani, non creare ancora maggiore tensione (di quanta già non ce ne sia). Tutto il nostro sistema economico e finanziario si basa sulla fiducia, è dovere di tutti fare il possibile per uscire assieme da questa fase delicata. Non c'è da scherzare.

domenica 6 novembre 2011

Clima, territorio, speculazione e incuria: l'uomo ha le colpe principali di quanto accade in questi giorni

Ad un anno dall'alluvione nel ponente ligure ed a pochi giorni dalla tragedia delle cinque terre, ancora una volta a Genova, un altro pezzo di questa splendida regione stretta tra monti e mare, con le strette valli occupate spesso da seconde case, piena di porti e con i corsi d'acqua spesso sotterrati, conta nuovi morti e deve spalare nuovo fango per l'ennesimo evento "straodinario" che sta diventando sempre più "ordinario" all'epoca dei cambiamenti climatici, che sembrano accanirsi contro questo arco sul mare e sulla sua contigua appendice Toscana e che interessano oggi e nei prossimi giorni tante altre zone del nostro Paese.

Di alluvioni purtroppo il nostro Paese ne è stato vittima spesso nella sua storia. L'aumento della quantità di acqua caduta in questi giorni dipende dal cambiamento climatico (dove già l'uomo mette il suo zampino) e però ha degli effetti soprattutto in zone che hanno conformazioni orografiche come quelle ligure, con le zone montuose che rendono le piogge ancora più intense. La storia di Genova e della Liguria è stata però tra gli anni Cinquanta e Sessanta una storia di forte cementificazione e oggi si subisce un'eredità di corsi d'acqua edificati, appesantimento del territorio, spesso i torrenti sono costretti a scorrere sotto gli edifici oppure in corsi artificializzati, è questo il motivo per cui quando esondano lo fanno con più impeto e velocità. 

La rendita edilizia, non sempre e non necessariamente illegale, ha trasformato il territorio italiano con nuovo cemento ed infrastrutture che cambiano la situazione e generano nuovi rischi. L'edilizia delle "varianti", delle deroghe, che non tengono conto né delle mutate condizioni ambientali all'era del Global warming né delle mutazioni subite da un territorio privo di vera e sistematica manutenzione, è una delle cause principali dell'angoscioso spettacolo che vediamo in questi giorni. Se si vuole dare fiato all'edilizia lo si può fare riconvertendo ciò che esiste in edifici sostenibili dal punto di vista ambientale.

Non voglio dare colpe a nessuno, soprattutto in giorni in cui serve la concordia e la determinazione a sostenere e aiutare le popolazioni colpite da tali eventi. E dove le parole dettate dall'angoscia e dal dolore possono creare più danni che soluzioni. Ma la sottovalutazione di tutto questo, l'incapacità di un intero Paese di mettere in sicurezza il proprio presente per guardare al futuro è emersa anche dalla parole nel corso dell'audizione in Commissione ambiente del Senato del ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo. Il Governo di cui fa parte ha praticamente azzerato i fondi per la prevenzione dal dissesto idrogeologico, taglio metodico e continuativo delle risorse destinate alla manutenzione del territorio, che dai già insufficienti 500 milioni stanziati dal Governo Prodi, sono state in sostanza annullate. 
Ad esempio il miliardo stanziato con la Finanziaria 2010 per la messa in sicurezza del territorio non è stato mai reso disponibile per il ministero e per le Regioni. E' rimasta una somma virtuale che con la legge di stabilità è stata anche ufficialmente cancellata e sostituita con un impegno del tutto generico, e non vincolante, a destinare alla difesa del suolo una quota dei fondi Fas. In questo modo, nei giorni in cui ancora si piangono le vittime dell'alluvione che ha colpito Liguria e Toscana viene così messa in evidenza l'inadeguatezza dell'esecutivo.

Ripeto che non possiamo dare colpe a nessuno, ma solo ragionare su qualche scelta molto discutibile. Comprese quelle di chi governa o ha governato la Liguria e gli altri territori che ogni anno sono vittime di queste NON emergenza. Italia Nostra ricordava che «È gravissimo l'attacco a un territorio fragile come quello della Liguria portato avanti con una legge folle approvata durante l'estate, nel silenzio assordante dei media: il regolamento regionale numero 3 del 2011 della Regione "che ha ridotto da 10 a 3 metri le distanze minime di edificazione lungo i corsi d'acqua". Come al solito ogni anno alla prima pioggia ci ritroviamo a contare i morti». 

Speriamo almeno che questo disastro, che questi poveri morti, portino la politica, centro-destra e centro-sinistra a rivedere un modello di sviluppo che si sostiene con una cura di cemento che non è sostenibile per l'Italia malata.